Formica nera
di Lisa Massei



Mi son sempre sentito una formica nera in un mare di formiche rosse. Altre formiche nere riuscirebbero a farne un vanto, a far di ciò motivo di carattere, di forza ed orgoglio, ma io no, io ho sempre cercato di diventare una formica rossa che pascolasse brulicante assieme a tutte le altre. Mi chiamo Bruno, per gli amici Brunello. A dodici anni già soffrivo di complessi d'inferiorità, mi sentivo diverso, peggiore. Ero motivo d'ironia per tutto il paese perché andavo a scuola in bicicletta, con la mia BMX, anziché con uno degli scooter nuova generazione, moderni e lussureggianti. Arrivavo a scuola trafelato e già di prima mattina puzzavo di sudore che non mi si stava accanto. Quando pioveva invece i miei compagni si facevano accompagnare dai genitori, mentre io arrivavo bagnato da capo a piedi. Io non ho genitori. Mia madre morì nel mettermi al mondo, mentre mio padre lo seppellii a dieci anni dalla mia nascita, crepato per un' amore spassionato per la cirrosi. Vivevo con il nonno, che non mi faceva mancare nulla, nei limiti di quel che poteva permettersi con la sua pensioncina. Quel che contava, mi ripeteva sempre, era che non facessi la fine di suo figlio. Niente alcool, l'alcool ti ammazza, bimbo mio! Ed è quel che ho fatto, in fin dei conti.
Finita la terza media decisi di avviami al mondo del lavoro, non m'interessava di studiare per un ipotetico futuro, volevo i soldi. Subito. Volevo potermi confrontare con gli atri, si, messo accanto ad un qualsiasi figlio di papà non dovevo più sfigurare con i miei abiti senza identità. Volevo vestire le migliori firme con il portafogli traboccante di bigliettoni, come Zio Paperone. Poter spendere e spandere, vendere anche l'anima al diavolo pur di potermi permettere tutti i vizi e le bellezze che la vita ti può concedere grazie al dio denaro. Ero tagliato per la vita da signore, non da povero mercante. Il primo impiego che riuscii a trovare fu in un ristorante, come cameriere, ma la paga era poca e la fatica troppa. Feci quindi i lavori più disparati: il meccanico, il panaio, il gommaio, il pasticcere ecc… Ma in ogni posto non resistevo più di tre mesi, non riuscivo ad ottenere quel che volevo; ben presto mi resi conto che evidentemente non era quella la via giusta per giungere al palazzo degli smeraldi. Di tutti i soldi che avevo guadagnato, naturalmente, non mi era rimasto molto, ma avevo acquistato un sacco di cose che mi avevano fatto entrare nei favori di un gruppo di ragazzi, con cui iniziai ad uscire. Come prima cosa mi comprai una moto, poi incalzai via Guidi, la più "in" del paese, misi piede solo nelle boutiques più care e me ne venni fuori che ero proprio un figurino, tutto bellino rivestito di firme sgargianti da testa a piedi. Adesso si che potevo avere un portamento fiero e lasciare (nel dimenticatoio) quello ricurvo di chi ha sempre il biglietto per la partita persa! Nella mia comitiva c'erano solo ragazzi e ragazze che sembravano manichini da negozio, modelli da passerella, solo il top, come quel che piace a me. Ben presto la droga diventò sostanza d'obbligo per essere in riga ed uniti col gruppo. Con l'acquisto della prima panetta di fumo capii dove stava il mio futuro. Come in ogni compagnia, anche nella nostra vigeva la legge del più forte, del migliore e del più incosciente. Conquistai ben presto quest'ultimo titolo, tant'è che il mio soprannome dall'innocuo Brunello fu ben presto rimpiazzato da "Losco". Divenni uno dei più noti ed abili spacciatori della zona, oltre che il più temerario dei drogati.
Oggi ho tutto, posso vivere nel mio palazzo degli smeraldi, e ci sono giunto sniffando piste e piste di polvere bianca, e fra una pista e l'altra ho sperimentato ogni sorta di pillola colorata ed ho viaggiato e fantasticato nei miei immensi e pirotecnici trips.
Ogni sabato sera, come di rito, ci troviamo al Bar della Stazione, facciamo carovana e partiamo alla ricerca delle discoteche migliori. Ci sniffiamo il nostro after-hour ed io, come sempre, sono il più fatto e figo della discoteca.
Oggi, come al solito, mi alzo di buon'ora, intorno alle 12.30. Adesso posso permettermelo, sono un libero professionista e gli orari me li gestisco. Anche questo è un lavoro faticoso e comporta diversi rischi, ma almeno dà i suoi frutti. Poi, mica storie, io si che faccio del bene, la coca è da orgasmo, potete credermi. Stasera voglio svisionare più del solito, sono riuscito a concludere un affare da capogiro, il vero salto di qualità, mica favolette per bambini! Ho deciso di farmi la prima endovena di roba per festeggiare l'evento, me la farò ai giardinetti assieme a Fabio e Federico, i miei soci in affari. Ci siamo dati appuntamento per le 22.00. Sono le 22.40 quando mi presento. Gli altri due sono lì che mi aspettano, già fatti di extasy che è un piacere. Io invece sono ancora con i piedi in terra, mi voglio godere al cento per cento il primo buco, ho già deciso quale vena sverginare, quella verde acqua che è sempre spuntata rigogliosa più delle altre dal mio braccio sinistro. Non sto più nella pelle dall'emozione. Ne ho voglia, lo desidera tutto il mio corpo, ogni più microscopico pigmento di pelle, ogni cellula morta e viva del mio cervello. Non sto davvero più nella pelle per l'emozione, tant'è che a malapena li saluto e gli dico piuttosto di muovere il culo. Incalziamo veloci il lastricato di pietre che attraversa il parco e ci cacciamo nel nostro nascondiglio riservato, si tratta di una pianta di pitosfero che ha assunto dimensioni gigantesche come un enorme tartufo. La luce dei lampioni sparsi in qua ed in là non poteva bastare, ed è per questo che dentro al mio zaino monospalla ho messo anche una piccola torcia elettrica. La estraggo e mi faccio luce all'interno del rifugio. Fabio e Federico arrivano trafelati dopo qualche minuto e ridacchiando si schiantano a terra. Neanche mi curo della loro presenza, il mio desiderio è sempre più simile all'avidità, estraggo tutto l'occorrente e, come da istruzioni datemi da chi (in quest'ambito) ne sa più di me, mi preparo la mia prima dose da spararmi in vena. Bella la mia candida polverina magica, dove mi porterai con la fantasia questa notte? Per quali mondi sdoppiati e variopinti mi farai navigare?
Ho sempre avuto un debole per i sogni splatter, ma questo è davvero il massimo. Le mie visioni han sempre avuto delle sottili venature meschine, ma con questa ho veramente toccato il fondo, il mio più grande orgasmo!!! Mi trovo su un aereo, e sto sorvolando New York, la città intoccabile dei successi, la grande potenza economica. Accanto a me è seduta una figa da mozzare il fiato, i miei occhi si piantano sulle sue dune del deserto: due tette bronzee che fuoriescono dal suo provocante scollo a V. Sto sudando come un porco suino. La guardo in faccia e lei mi sorride con due belle carnose labbra di prugna. Vorrei morderle il labbro superiore fino a veder sgorgare sangue a fiotti. Sto ansimando come un cane in corsa, e la mia erezione si fa sentire forte e fiera premendo sui pantaloni bianchi in lino di prima classe. Caccio una sigaretta in bocca, ma prima che trovi il mio accendino è lei che mi mette sotto al naso la fiammella tremolante del suo, rivestito d'oro e avorio.
Lascio avvicinare la mia mano al suo seno, sto per sfiorarla, ci sono ad un centimetro, quando dei fottutissimi orientali prendono il comando dell'aereo, usando come armi temperini e tagliacarte. Ma che sono fuori, dico io? Schianto giù a ridere come un indemoniato. "L'aereo è dirottato" ci dicono, "mantenete la calma, non lasciatevi prendere dal panico". E giù risate, ma che dicono questi qua? Rido da pisciarmi addosso. Chiudo gli occhi e vengo catapultato in una dimensione di mezzo, quella che di solito mi interpone fra una visione ed un'altra. Sono riverso su di un pavimento dalle piastrelle bianche, il mio sangue mi appiattisce a terra e delle risate meschine rimbombano nella stanza. Lentamente e dolcemente una vocina s'insinua, ha un suono crepuscolare che svia sgattaiolando negli angoli più bui della mia mente, a malapena riesco a decifrare il significato delle sue parole: "Brunello, la formica nera, e niente di più, niente di più". Caccio un urlo come se mi stessero sodomizzando e strappando via la pelle di dosso. La mia stessa voce m'incrina la testa e prende piega nei gomiti delle curvature del mio cervello, andandosi a depositare nelle rughe più recondite. Scuoto la testa tanto da staccarmela dal collo, poi corro come un dannato e noto che non sono più in quella stanza, né in quell'aereo accanto alla figa stratosferica, ma mi trovo sempre a New York. Madido di sudore rallento il passo compiaciuto del fatto che il sonno sta cambiando, assumendo toni decisamente più soft. Si, adesso è come se fossi in vacanza, sono in visita a in questa città, cavolo, vi rendete conto? E' sempre stato uno dei miei sogni! Alzo lo sguardo al celo di cristalli e trovo di fronte le prodighe Torri Gemelle, perfezione di tecnologia e geometria, una costruzione che fa invidia all'intero mondo moderno, questo si che è romanticismo d'avanguardia! La città è in subbuglio, è l'ora in cui tutti entrano a lavoro, la gente cammina indaffarata e non si cura della mia presenza raccapricciante, non si cura del fatto che sia completamente ricoperto di sangue e che la mia carne si stia sfogliando cadendo giù in brandelli, come fossi un puzzle… Nessuno si accorge di me e del mio stato e, paradossalmente, ne sono felice poiché significa che sono io che sto navigando con la mia fervida immaginazione!
Il cielo sembra uno specchio di ghiaccio mentre io mi sto avvicinando a grandi passi alle Torri Gemelle, alle Twin Towers, come suona bene in inglese, cavolo, suona da dio!
In un attimo la tragedia: un aereo si schianta oltre la metà di una di esse, quella alla mia destra. Urla di panico incrinano la pace e la routine degli americani si tinge di sangue, mentre io me la rido a crepapelle più di prima, risate di prima qualità, perché lo so, non può essere vero, è solo un sogno, una visione fantastica, è questa roba qua che mi sballa. Ci pensate… C'ero io in quell'aereo, ed è solo grazie alla polvere bianca che adesso mi trovo qui, è solo grazie alle mie capacità di teletrasporto mentali! Le mie risate si fanno spazio fra la gente incenerita dallo spettacolo. Passano pochi minuti quando giunge il secondo aereo che va a conficcarsi nella torre di sinistra rimasta ancora intatta. Solo allora mi metto a correre come un pazzo in direzione della catastrofe, mentre decine e decine di persone si dimenano in senso contrario intontiti dal panico. Io no, voglio vedere questa scena da apocalissi da vicino, prima che venga catapultato in un'altra visione, o prima che l'effetto dell'ero finisca. Questo si che è un formicaio. Sembra proprio un brulicare di formiche che fuggono senza direzione nel vedersi attaccare e distruggere la tana e le provviste faticosamente messe da parte per il lungo e rigido inverno. Non mi sorprenderei di vedere le gigantesche mani di un bimbo che devastano. Con questo pensiero ricomincio a ridere come un pazzo, così tanto che sono costretto a fermarmi per i crampi allo stomaco. Mi fermo e continuo a ridere, rido così tanto che non riesco più a stare in piedi, mi accascio a terra, sdraiatomi supino, mi porto le gambe al petto per attutire il dolore. Apro gli occhi imperlati di lacrime d'ilarità. Che sballo il mio primo buco ragazzi, chissà le risate quando racconterò la mia proiezione a quegli altri due drogati! Bip! Bip! Il timer del mio orologio segna le 00.00, è l'undici di settembre del 2001, l'estate è agli sgoccioli ma il caldo si fa sempre sentire, a volte da alla testa!