Il
racconto di Giorgiana
di
Gabriella Cuscinà
In
quella sala d'attesa non vi era confusione. Solo poche persone
sedute su comode poltroncine.
Giorgiana aveva di fronte una signora magrissima, bionda,
con il naso adunco e lucido, gli occhiali da miope a nascondere
due grandi occhi.
Più la guardava, più le pareva di ravvisarla, d'averla già
conosciuta magari in un lontano passato. Quel volto in fondo le
era familiare.
Era venuta allo studio dell'avvocato per esporgli un problema che
l'assillava da qualche tempo.
Ad un certo punto, anche la donna segaligna aveva iniziato a
guardarla con insistenza. Ogni tanto sorrideva appena e
continuava ad osservarla.
- Noi ci conosciamo - disse ammiccando - non ricordo come e
quando, ma già ci siamo conosciute.-
- Dal primo momento che l'ho vista, ho avuto anch'io questa
impressione signora, -
rispose Giorgiana affabilmente.
- Forse abitiamo dalle stesse parti e ci incontriamo spesso. Io
abito vicino la cattedrale. -
- No, io abito dalla parte opposta. E poi è come se rivedessi il
suo viso dopo molto tempo. -
Un signore, intanto, stava uscendo dallo studio e un altro ancora
vi stava entrando. Erano rimasti in cinque ad aspettare.
I ricevimenti si succedevano ad intervalli più o meno lunghi.
L'età di quei signori era varia, ma la sua dirimpettaia invece
non era giovanissima.
Anzi doveva avere proprio la sua stessa età. Provò a sondare.
- Mi scusi, che scuola ha frequentato lei? -
- Oh! Frequentai il Liceo Alighieri molti anni fa! -
- Anche io! Nella sezione C. -
- Anche io! Stessa sezione. Mi chiamo Erica Monti. -
- Porca miseria! Sei Erica! Io sono Giorgiana. Giorgiana Rossi. -
- Ecco chi sei! Certo! Ora mi ricordo! Sì, sì, sei proprio tu.
La mia compagna preferita.-
- Anche tu eri quella che prediligevo. Che piacere rivederti!
Raccontami, cosa hai fatto nella vita? Perché sei qua
dall'avvocato? Niente di serio spero. -
- No, è per un caso d'eredità che mi sta facendo penare.-
- Eredità! Che parola disastrosa. Se sapessi! Sono qua per la
stessa ragione.-
- Ma va! Guarda un po' che combinazione! -
Intanto le due donne si guardavano e s'accorgevano come il tempo
possa cambiare tutto nella gente: la pelle, le fattezze, i
colori, le espressioni.
Giorgiana si ricordava di una ragazza magra e ben fatta, dai
capelli chiari e vaporosi.
Il naso di Erica era sempre stato aquilino, ma piacente. Gli
occhi grandissimi, li rammentava sempre sognanti e senza quelle
lenti pesanti.
Dal canto suo, Erica stava pensando ad una ragazza bruna e
bellissima; non molto alta, ma dalle forme scultoree. Sempre
allegra e dalle battute salaci. Aveva invidiato in Giorgiana la
prontezza nelle risposte e anzi aveva appreso da lei ad essere più
immediata, più pronta nel rispondere agli altri. Una ragazza
solare! Parecchio brava a scuola e non sgobbona. Intelligente e
propositiva. Sempre disposta ad aiutare i compagni.
- Ti chiamavo Giorgi, ricordi? Ma cosa hai fatto? Ti sei sposata?-
- Sì, mi sono sposata e ho avuto quattro figli maschi. Mio
marito è un uomo ricchissimo ed è questo il vero motivo che
m'ha condotto qui.-
- La ricchezza di tuo marito? E che c'entra scusa?-
- C'entra, c'entra. Ma tu invece? Di che eredità si tratta?-
Si erano sedute vicine ed avevano preso a conversare come ai
vecchi tempi. Come quando erano due ragazze che si confidavano i
loro segreti.
- Ho ricevuto un grosso lascito da una vecchia zia che è morta,
ed ora non so cosa debba fare per gestire convenientemente tutto
questo denaro.-
- Ah bene! Sono contenta, in fondo dunque è un motivo piacevole.
Io invece voglio chiedere all'avvocato come dividere i beni di
famiglia tra i miei figli. Pensa che non sono mai andati
d'accordo. Sin da piccoli, hanno sempre litigato e più il tempo
trascorreva, più hanno cominciato quasi ad odiarsi a causa del
denaro di mio marito.-
- Mi spiace Giorgi, devi averne sofferto.-
- Una vita d'inferno! Per fortuna oggi sono tutti sposati e due
anche divorziati.
Ma quello che mi tormenta è il fatto che non vadano d'accordo.-
Giorgiana scuoteva il capo ed era scoraggiata. La sua agiatezza
era divenuta fonte di tristezza!
- Come si chiamano i tuoi figli? -
- Il più grande si chiama Manlio, poi c'è Stefano, quindi
Benedetto e per ultimo Attilio. Se li vedessi! Sono tutti
bellissimi, modestamente. Però non riescono ad essere in pace
tra loro. Vi sono stati dei periodi in cui neppure si parlavano.-
Lo sconforto era dipinto sul suo volto. La splendida ragazza di
una volta s'era trasformata in una signora afflitta e dal volto
segnato da molte pieghe amare.
- Giorgi, ti ricordi a scuola quando studiavamo che la ricchezza
non costituisce la vera felicità? Tu, a quanto pare, ne hai
fatto l'esatta esperienza.-
- Già e ti ricordi Erica quando studiammo le favole di Esopo?
Quella del contadino che aveva i figli discordi? Mi è sempre
rimasta impressa nella memoria.-
L'altra aveva assunto l'espressione vaga di chi non ricorda
proprio nulla. S'era tolta gli occhiali e si stava stropicciando
gli occhi.
- No, non la ricordo, qual era?-
- Il contadino non riusciva a far andare d'accordo i suoi
figlioli ed allora ricorse ad un espediente pratico. Bene! Ho
fatto anch'io come il contadino di Esopo. -
- Cosa? Un espediente? Che hai combinato?-
- Qualche anno fa, io e mio marito invitammo i nostri figli a
cena. Vi erano pure le mogli di Manlio e di Benedetto. I nipoti
non erano presenti. -
Nel ricordare queste cose, lo sguardo di Giorgiana s'era animato
ed ora quasi, sembrava di nuovo la bella ragazza di una volta.
Solo le mani avevano un leggero tremito nervoso.
- Prima d'iniziare a mangiare, proposi ai miei quattro rampolli
di cimentarsi in una prova d'abilità e forza fisica. Dunque
diedi loro quattro quaderni. Ognuno doveva riuscire a spezzarli
tutti insieme. -
- Ma che idea bislacca! Perché, cosa speravi di ottenere?-
Erica la guardava incuriosita e ritrovava l'amica dalle trovate
geniali. Rivedeva la compagna esuberante e trascinante.
- Esopo raccontava che il contadino diede ai figli un fascio di
verghe da rompere tutte insieme, ma essi non ci riuscirono.
Allora il genitore consegnò loro le verghe ad una ad una.
Naturalmente le spezzarono senza difficoltà. "Così anche
voi " disse " se sarete uniti e d'accordo, non sarete
sopraffatti da alcun nemico, ma se litigherete, offrirete agli
altri un facile bersaglio." -
- Ah sì! Ora ricordo quella favola. Ho capito: hai sostituito
alle verghe dei quaderni. E che hanno detto i tuoi figlioli? -
- Dapprima si sono stupiti, poi hanno creduto che volessi animare
la serata e si sono cimentati. Non ti dico quel che è successo!
-
L'amica era divertita, ormai totalmente coinvolta dalla
narrazione.
- Manlio è il maggiore e quindi provò per primo. Pensava di
farcela poiché in fondo, i quaderni non erano troppo grossi.
Divenne tutto rosso per lo sforzo e accorgendosi che non ce la
faceva, cominciò ad innervosirsi. Ad un tratto, diede uno
strattone ai quaderni e ruppe, con il pugno, la vetrina di un
mobile che stava dietro.
Erica si mise a ridere.
- Spero che non si sia fatto male - soggiunse.
- No, non si fece nulla, si dispiacque solo per il mobile antico.
Provò allora Stefano. Lui è spocchioso e beffardo e disse che
ce l'avrebbe fatta.
Sistemò a dovere i quaderni e cercò di spezzarli. Macché! Li
rigirò, respirò a fondo, preparò i muscoli, e riprovò.
Divenne anche lui rosso paonazzo e cominciò a sudare. Mentre
sudava, iniziò a tossire e l'accesso di tosse divenne forte e
frequente. Non riusciva a respirare. Gli dovemmo dare dell'acqua
.
- Giorgi, ma hai attentato alla loro salute! -
- Ascolta, ancora deve venire il bello: a questo punto si cimentò
il terzo dei miei figli. Benedetto è un gran mangione ed un tipo
molto robusto. Soffre per una forma di gastrite e colite. Prese i
quaderni, li guardò con attenzione come fossero insetti nelle
sue grosse mani e si sforzò di spezzarli. Si sforzò ma non
riuscì. Si sforzò ancora e, più si sforzava, più gonfiava il
ventre voluminoso. Ad un certo punto, gli scappò una rumorosa
scorreggia. Sua moglie lo redarguì e lui arrossì per la
vergogna.
Erica era sbellicata dalle risate.
- Ah ah ah ah. Poverino! Povero Benedetto! Ah ah ah ah.
- Attilio non volle neppure provare. Disse che non ce l'avrebbe
fatta mai. In realtà è il più smilzo dei fratelli.
Adesso però l'amica era dubbiosa. Non riusciva ad immaginare
bene l'epilogo di tutta l'intera vicenda.
- Insomma, cosa accadde dopo? -
- Consegnai ai miei figli un quaderno ciascuno e chiesi che
ognuno spezzasse il suo.
Lo fecero senza difficoltà. Allora spiegai loro che, nella vita,
avrebbero vissuto proprio come quei quaderni e cioè se fossero
rimasti uniti insieme ed in armonia, avrebbero costituito una
forza. Nessuno avrebbe potuto far loro del male. Se invece
fossero rimasti soli ed isolati, distanti e in odio fra essi,
chiunque li avrebbe potuti gabbare, turlupinare, sopraffare.
Dissi loro che tanto più è grande la forza della concordia,
della pace e dell'affetto tra fratelli, tanto minore è il
pericolo di essere sopraffatti dalla discordia, dal rancore e
dall'odio degli altri.
Erica era incantata da questo racconto; ascoltava e guardava
l'amica come affascinata.
- Dunque i tuoi figli in seguito sono rimasti in pace tra loro?-
- Almeno per quella sera. Manlio abbracciò Stefano e Benedetto
abbracciò Attilio.
Poi tutti e quattro si strinsero tra loro. Fu una delle poche
volte che vidi il loro padre con le lacrime agli occhi.