Racconti di Giovanna Mulas


LUPUS IN FABULA

Una storia tutto sesso e Luna

 

    

 L’aveva incontrato per la prima volta in un pub a Piccadilly.
Un pub strano, diverso, particolare, dove l’iscrizione fuori dalla porta, oltre al tradizionale leone che ne completava l’effige diceva: Spaghetti’s House. Ecco perché Luisella aveva varcato quella soglia. Non che fosse abituata a bazzicare pub a quell’ora della notte, intendiamoci: una brava single tutta casa propria e, al massimo, casa della vicina per i dolcetti al burro con il the delle cinque –the al bergamotto- fiction il sabato sera e telenovela brasiliana dopo le 22.00, sul canale satellitare che suo marito aveva installato (senza neppure chiederle il permesso) quattro giorni prima che scappasse di casa con una sua allieva quindicenne di chimica quantica. Chissà quante formule si raccontavano quei due, alla faccia sua. Luisella dopo pianti, urla e isterismi femminili vari normalmente tipici del periodo premestruale; se n’era fatta una ragione. Già si era domandata spesso come mai Frank l’avesse sposata. Lui, così bello coi suoi baffi di Zorro e gli occhi da conquistatore latino (aveva origini spagnole, le aveva raccontato durante il loro primo appuntamento), alto, uomo di successo e professore affermato che pure due libri due aveva scritto e pubblicato con la stessa casa editrice di Harry Potter; pensa un po’. Poco aveva venduto poco in verità, ma pure scrittore poteva definirsi. Ecco, questo era Frank. E lei era Luisella: origini italiane, bassa bassa e tozza, cultura poco under ground, qualche chilo di troppo e naso aquilino ereditato dal bisnonno greco, labbra forse troppo pronunciate. Aveva un bel seno, questo si. Ma proporzionato ai chili, insomma. Avevano fatto l’amore dopo il loro primo appuntamento e lei, che di uomini aveva conosciuto soltanto padre contadino e fratello sfigato seguace di Marilyn Manson, magro come un chiodo beato lui tra l’altro (forse era il colore nero a farlo sembrare più magro) era stata con Frank una furia. Proprio così lui le aveva detto dopo: sei stata una furia, tesoro. Bella forza, aveva pensato Luisella. Con trent’anni di astinenza sulla gobba anche Frà Gennaro avrebbe cominciato ad avere le visioni.
Dunque Frank le aveva chiesto di rivederla. E lei aveva accettato. E tra un incontro e l’altro, un rapporto e l’altro avevano deciso di stabilizzare la loro unione, come aveva detto Frank. E bella forza: lei gli puliva la casa, gli stirava i vestiti e gli preparava tutti i pasti, non faceva domande sulle telefonate notturne che riceveva e a letto era una furia. Tutto senza impegno. Insomma, la moglie perfetta. Luisella ci aveva creduto per davvero in quell’amore; nell’amore, credeva per davvero e nel cuore sentiva che prima o poi anche per lei sarebbe arrivato. Era arrivato a 48 anni ma pazienza. E così com’era venuto, come il vento, Frank se n’era andato senza neppure una spiegazione, dimostrandosi il più grande figlio di puttana, professore di chimica quantica e scrittore, del mondo. E si. Così va la vita.
Quella sera Luisella aveva deciso che le sarebbe voluta una botta, come dire? Di vita. Per qualche ora basta con le pratiche di segreteria dell’ ufficio informatico, basta con le pizze surgelate e i pasticcini del the delle cinque. Indossò l’abito più bello che aveva, nero per farla sembrare più magra, e tacchi così alti che neppure Frank l’avrebbe riconosciuta così, allungata (diciamo slanciata) di undici centimetri. Il locale era La flor de la noche, posto per single convinti insomma. La sua collega di ufficio, Rita, gliene aveva parlato più volte o meglio, le aveva detto che lì era facile abbordare e farsi abbordare. E siccome la vita è una e siccome oggi ci siamo e domani chissà e siccome una donna è bella quando è innamorata e siccome…insomma, Luisella entrò nel locale, tra luci soffuse, Frank Sinatra nell’aria, fumo, gente e odore anzi puzzo grande, di lussuria. O almeno, così le parve. O almeno, così sperò.
Sedette ad un tavolo, ordinò un Martini Bianco con olivetta.
Girava e rigirava l’olivetta, indecisa se ingollarla subito o meno, quando lui si accostò, spostò la sedia, le si sedette di fronte.
-ciao- fece lo sconosciuto. Luisella non aveva mai visto uomo più sexi. Anche il suo Frank batteva e mi dispiace per lui ma era proprio così: lo batteva alla grande ragazze mie.





-c…ciao- rispose Luisella e mentre gli occhi, come balle di biliardo, slittavano alla destra di lui, alla sinistra, al centro, in alto, in basso, ingollava finalmente l’olivetta.
Reprimette un ruttino.
L’altro sorrise.
-sei bellissima- mormorò, e in quella voce Luisella lesse tutto tutto tutto il repertorio di circostanza: come ti chiami? Quanti anni anni e dove vivi? Il tuo lavoro? Non ho mai incontrato una donna come te e in passato mai, mai ho amato così. Lesse tutto nello stesso file; in un istante.
E dunque, felice, rispose a quel “sei bellissima” con: - si, mi va di andare a letto con te. Subito, ora, a casa mia. Sono una furia sai?-
-Oh- ribattè l’altro, un poco sorpreso,
-bene. Si.-.
Uscirono dal locale e c’era una luna, ragazze mie che luna!
Luisella chiamò un taxi e, stringendogli la mano in auto, in silenzio, si diressero all’appartamento di lei. Entrarono e nemmeno accesero la luce, lui le strappò i vestiti di dosso, la rovesciò sul tappeto e, mentre una scarpa saltava sul vecchio lume ereditato dalla nonna, le mutandine sul tavolo e il vestito da qui non lo vedo; accadde ciò che doveva accadere.
Poi, dopo, lui accese il lume.
E ciò che vide non gli piacque.
E i peli di lei, troppi troppi troppi
E le zanne
E gli…artigli? (in effetti s’era sentito graffiare mentre…)
E così capì quanto davvero Luisella poteva essere una furia.
 


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Le opere sono tratte dal libro Racconti fantastici, d'amore e di morte,

edito da El Taller Del Poeta, Galicia, Spagna, 2007
 

www.giovannamulas.it



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