Racconti di Fabio Pellerano
istantanea
Sono
in macchina. Attraverso quella sottile striscia di asfalto in mezzo a palazzi,
campi e fabbriche che mi riporta a casa. All’improvviso una sensazione
piacevole inizia a diffondersi lungo il corpo e l’immagine che si forma
nella mente è quello del focolare, del luogo degli affetti e dell’amore, di
un caminetto accesso e di una moglie che mi aspetta.
Ho
viaggiato per tanti anni tra il Sudamerica e le isole australi, le remote zone
dell’Asia centrale e la turbolenta e feconda Europa, alla ricerca di una
pace interiore che continuamente mi sfuggiva. L’ho seguita ed inseguita fino
al giorno che mia madre decise, o chi per lei, che doveva abbandonare questa
dimensione. Tornai giusto in tempo per trascorrere gli ultimi tre giorni di
vita che le rimanevano, il tempo per salutare almeno lei, visto che con mio
padre non ci ero riuscito, il tempo per piangere le ultime lacrime.
Avevo
viaggiato a lungo ed era la cosa che sapevo fare meglio, ma gli impegni
familiari mi aveva costretto, ora, a fermarmi almeno per un po’. Rimisi in
piedi una parvenza di vita non più da nomade e quando meno ci pensavo l’ho
incontrata, durante una cena ed il suo sguardo mi ha fulminato.
Non
è stato facile poterla rivedere, lei troppo timida ed impaurita nel
commettere un altro errore in campo sentimentale, ma alla fine aveva ceduto e
spesso ringrazio la mia testardaggine.
Il
resto fu una luna di miele ininterrotta ed ora sono qui, a parcheggiare e
tornare finalmente nelle sue braccia.
Ultimo giorno
Avevo
scelto di trascorrere l’ultimo giorno in quella terra lontana lungo la costa
di Kapiti, in un piccolo ostello che parecchi viaggiatori mi avevano
consigliato.
Scesi
dal treno, percorsi un breve tratto di strada incrociando gli unici due negozi
del paese, un bazar dove potevi trovare di tutto ed un ristorante, e salii lungo
un pendio seguendo le indicazioni. Arrivato in cima trovai il gestore, una donna
dal sorriso contagioso, piuttosto magra e vestita come un taglialegna canadese.
Mi
mostrò la camera con tre letti ed in quel momento ero l’unico ospite, ma
presto ne sarebbero giunti altri, aggiunse nel suo inglese che capivo oramai
molto bene.
Cucinai
una pasta nella cucina che offriva una spettacolare vista sull’oceano e sulla
vicina spiaggia, chiacchierai con gli ospiti ed iniziai ad impadronirmi degli
spazi. Era sempre così; arrivavo in una nuova situazione e mi serviva qualche
ora per sentirmi a mio agio, come un pesce nel nuovo acquario giravo con
curiosità tra le stanze e le poche case.
Aspettai
con trepidazione il tramonto, con l’idea fissa di scattare più foto possibili
e la segreta speranza che dallo sviluppo si potessero cogliere le stesse
emozioni che provai quando il rosso iniziò ad avvampare dietro lunghe nuvole
filiformi, dell’inseguimento tra sole e luce, tra bianco e rosso, tra cielo e
mare, della fine di un viaggio e dell’inizio di altro.
Quella
notte mi vennero a trovare tutte le persone che avevo conosciuto, in un sogno
che al risveglio mi caricò di energia; ero pronto per tornare a casa.