Peripezie
di un libro
di
Gabriella Cuscinà
Era
un libro piccolino, rilegato in cartoncino lucido.
L'immagine di copertina rappresentava un fiore azzurro su uno
sfondo chiaro.
La sua veste tipografica era senza pretese, con una brossura
normale e senza prefazione nell'occhiello.
Conteneva la storia di una ragazza che era riuscita a dare una
svolta alla propria esistenza grazie alla sua passione per la
scrittura.
Stampato e pubblicato in varie copie, aveva riscosso molto
successo, seppure in sordina. Infatti la sua autrice era un
esordiente e, come tale, snobbata e ignorata dagli addetti ai
lavori.
Una delle copie era stata acquistata dalla cugina Erminia per
farne una strenna natalizia ad un'amica. Il dono era stato
accompagnato dalla raccomandazione di poterlo riavere in
prestito, dopo che fosse stato letto.
L'amica divorò il romanzo in meno di tre giorni. Si appassionò
alla storia e ne parlò entusiasticamente al telefono con la
sorella. Naturalmente quest'ultima, incuriosita, insistette per
averlo prestato.
"Riportamelo al più presto, " avvisò la proprietaria
"perché lo devo prestare a chi me l'ha regalato."
Invece la sorella leggendolo, se ne appassionò tanto che
credette opportuno parlarne a Laura, la sua più cara amica, la
quale a sua volta, lo volle prestato.
"Dai ti prego, portamelo a casa e te lo restituirò subito."
La famosa sorella uscì da casa annunziando al marito che si
stava recando da Laura.
Il consorte però non sapeva del cambio di domicilio di
quest'ultima. Quando incontrò per caso la moglie da un'altra
parte della città, fu colto da eccessi di gelosia.
"Perché mi hai detto una menzogna? Con chi ti dovevi
incontrare?"
Ci volle del tempo e grandi arti di persuasione per convincerlo
del fatto che il libro era stato recapitato al nuovo indirizzo di
Laura.
Questa adesso viveva con la madre che era un'anziana signora
molto stordita e svanita. Tra l'altro era maniaca dell'ordine e,
vedendo il romanzo sul tavolo della cucina, pensò bene di
riporlo dentro il frigorifero. La figlia trascorse un'intera
giornata a cercarlo.
"Scusa, perché lo hai preso? Dove l'hai messo?"
"Non so, non ricordo, però ho messo tutto al suo posto."
Fu ritrovato verso sera tra uova, prosciutto, scatolame e
barattoli vari. Poi alla fine Laura lo lesse e fu avvinta dalla
storia che vi veniva narrata. Quindi ne parlò con suo fratello
Giuseppe.
"Senti, mi hai fatto venire la curiosità, prestamelo,"
disse lui "te lo restituirò subito."
Il libro transitò quindi nelle mani di costui che, di lì a
poco, si recò nella villa dei suoceri per una breve vacanza.
Giusto gli parve portare con sé il libro per leggerlo in relax.
Quella era una dimora assai bella, di gente benestante, piena di
mobili, quadri e porcellane antiche. Per causa del libro, fu
distrutta una di quelle porcellane tanto care alla suocera. Si
trattava di un'anfora preziosa posta su una piccola colonna di
marmo.
Il nipotino di sei anni aveva preso il libro dello zietto e ne
aveva danneggiato alcune pagine. Poi intuendo la monelleria
commessa, aveva cercato di nasconderlo dentro l'anfora, ma
proprio in quel momento Giuseppe aveva urlato: "Cosa stai
facendo col mio libro?" Il bambino si era spaventato ed
aveva mandato in frantumi il vaso antico.
Comunque il romanzo era stato recuperato e, dopo qualche tempo,
restituito a Laura.
Lei s'affrettò subito a restituirlo alla sorella della legittima
proprietaria, che poi ne tornò in possesso.
Ora poteva prestarlo e farlo leggere ad Erminia, che l'aveva
acquistato, donato, ne aveva udito parlare in termini
lusinghieri, ma non era mai riuscita a posare gli occhi su quelle
pagine.
Erano trascorsi due mesi da che l'aveva regalato, e poteva
finalmente leggerlo in santa pace, costatando di persona se
veramente meritasse tutto il clamore che aveva suscitato tra i
suoi amici e conoscenti.
Si dispose dunque alla lettura, ma il suo cane reclamava di
essere condotto a passeggio.
"Aspetta Bobby, usciremo più tardi."
Macché! Il barboncino bianco abbaiava, la tirava, le saltava
addosso e non le consentiva di leggere.
Erminia si rassegnò ad uscire e, inavvertitamente, si mise il
libro sotto un'ascella.
Passeggiava pazientemente ed osservava tutte le pipì del
cagnolino legato al guinzaglio, quando fu avvicinata da Girolamo,
suo collega d'ufficio.
"Ciao carissima! A passeggio col cane? Ma cos'hai sotto il
braccio, un libro?"
Lei abbassò gli occhi, guardò bene e s'accorse del gesto
involontario che aveva compiuto.
"Oh sì! E' un libro che sto leggendo, anzi devo ancora
iniziare a leggerlo. Mi hanno detto che è graziosissimo."
"Davvero? Se ancora non lo hai iniziato, prestamelo." E
così dicendo le sfilò il volume dall'ascella.
"No, no, non è possibile! Ridammelo. Lo devo restituire a
mia cugina cui l'ho regalato e che me l'ha prestato."
Gli tolse dunque il libro dalle mani. Ma Girolamo non si diede
per vinto. A sua volta glielo tolse e insistette:
"Che fretta c'è? Dai, lo leggo e te lo restituisco subito."
"Ho detto di no! Mi dispiace, dammelo."
Bobby nel frattempo osservava questa scena col nasino all'insù e
la testolina piegata da un lato.
Alla fine Erminia si convinse e lasciò il libro al collega.
"Riportamelo al più presto in ufficio. Lo voglio leggere
anch'io accidenti!"
Ora si dava il caso che Girolamo fosse segretamente innamorato di
lei.
Prima di riportarglielo, nascose fra le pagine del romanzo una
lettera in cui le dichiarava tutto il suo amore. Un amore
appassionato, segreto e inconfessato, celato per timidezza e
paura di essere rifiutato e deriso.
Quando lo riportò in ufficio, chiese ad Erminia di non toccare
il libro se prima non fosse tornata a casa.
"Ma perché scusa? Non capisc
." Nel dire così,
si accorse che dentro vi era qualcosa. Per discrezione, aggiunse:
"Va bene, va bene, come vuoi."
Naturalmente la curiosità cominciò a roderle dentro e non vide
l'ora che finisse quella giornata di lavoro. Andò via mezz'ora
prima del consueto.
Quando arrivò a casa, Bobby l'accolse tutto festante e, more
solito, iniziò a tirarla e a saltare per essere condotto fuori
ad espletare i suoi bisogni.
"Stasera dovrai aspettare Bobby! Ho una cosa molto più
importante da fare."
Il cagnolino si arrestò sorpreso e deluso, ed osservò le azioni
della sua padrona.
Con enorme premura, Erminia aprì il libro e trovò la lettera di
Girolamo. La svolse con crescente curiosità ed agitazione. Aveva
sempre considerato il collega un vero amico e un confidente
insostituibile, con cui ridere e intrattenersi volentieri sul
luogo di lavoro.
Mai si sarebbe aspettata una dichiarazione di stile ottocentesco!
Aprì la missiva e lesse:
Cara Erminia,
ti parrà strano il fatto che ti scrivo, giacché ci vediamo ogni
giorno e ci parliamo di continuo. Ma ciò che sto scrivendo non
sarei mai capace di pronunziarlo a voce e con parole compiute.
Da quando, tre anni fa, sei stata assunta nel nostro ufficio e ti
ho conosciuta, ho cominciato ad amarti, dapprima
inconsapevolmente, poi pian piano mi sono reso conto di non poter
fare a meno di te. Non te l'ho mai dimostrato e tu non l'hai mai
sospettato,
perché mi sono sempre guardato dal farti capire qualcosa, nel
timore che ti allontanassi da me. Ma ti amo Erminia, amo il tuo
carattere dolce, il tuo viso solare e i tuoi modi affabili. Il
tuo sorriso spontaneo illumina le mie giornate. Ridere insieme a
te riempie di gioia la mia vita. Tu sei single come me, e come me
vicina agli
anta. Saresti la compagna ideale. Per te sono
sempre stato l'amico fraterno e il collega complice, e quindi
forse ho poche speranze di essere ricambiato. Se così è,
straccia questa lettera e domani quando mi rivedrai, sorridimi e
io capirò. Se per puro caso, non ti sono indifferente come uomo
ed eventuale compagno, prendi il telefono e chiamami. Mi renderai
la persona più felice della terra.
Un caro abbraccio
Tuo Girolamo
Erminia rimase con la lettera a mezz'aria e la rilesse circa una
decina di volte.
Non poteva credere a quello che vi era scritto!
Intanto Bobby, arrabbiatissimo, ogni tanto abbaiava e la guardava
senza sortire alcun risultato. Infatti la padrona era tutta
compenetrata in quella lettera che le aveva fatto risvegliare
ancestrali voglie di compagnia maschile e di romanticherie.
Il cagnolino intuiva che tutto questo scombussolamento in Erminia
era prodotto da qualcosa che aveva a che fare col libro, il quale
nel frattempo era stato lasciato su una poltrona dell'ingresso.
Il cane, colto dalla gelosia, andò ad afferrarlo e cominciò a
scuoterlo con i denti, poi se lo mise sotto le zampine e iniziò
a lacerarne le pagine. Faceva questo ringhiando e sfogando la sua
rabbia, mentre il libro si andava decomponendo sempre più in
fogli sparsi.
Di tutto ciò, la padrona non s'accorgeva poiché era presa e
compresa a pensare a Girolamo.
Dopo circa un'oretta, prese il telefono e chiamò il suddetto
che, all'udire la sua voce, ebbe l'impressione che i violini
suonassero, le campane rintoccassero e gli angeli cantassero!
Prima di andare a letto, Erminia cercò il libro per leggerlo e
lo trovò squinternato, distrutto e lacerato.
L'indomani volle riacquistarlo e lo cercò in tutte le librerie,
ma era esaurito.