Racconto di Roberto Estavio
OTRANTO
Un forte vento scompigliava la cima della casa alimentando un
flusso ininterrotto di foglie che si andavano a posare sul
giardino.
Henver guardava incuriosito pensando che un vento così l'aveva
osservato quando suo padre scendeva dalla montagna e si recava in
città a salutare il fratello.
Baci,abbracci e salamelecchi.
Lui approfittava:nonostante il sonno accettava di alzarsi alle
quattro di mattina.
Dopo una colazione a base di formaggio s'infilava nel carretto e
continuava a dormire aggrappato ad una esile coperta. Nel
dormiveglia pensava e non capiva perché il padre fosse così
parsimonioso con i figli e invece magnanimo con i parenti.
Lui,ad esempio,sgobbava nei campi,da mane a sera,ma si doveva
accontentare di una misera scodella di fagioli.
La luce dell'alba aveva poi il potere di sciogliere queste
immagini contorte.
Si svegliava e conversava a monosillabi con il padre.
Poi un giorno era sopraggiunto un uomo, " a cavallo "
di una vecchia Mercedes.
Si faceva chiamare Pasquale. Aveva preso alloggio in una locanda.
Spesso si spingeva oltre, visitando alture e paesi circostanti.
Gli abitanti apprezzavano i suoi vestiti e si avvicinavano a lui
solo quando li intratteneva con racconti estemporanei sull'Italia.
Henver non prestava ascolto a quello che diceva ,ciononostante
aumentava la sua insofferenza verso il lavoro quotidiano.
Una mattina,incontrò Pasquale su una ripida scalinata.
Era una via di accesso alle montagne. I giovani desistevano ma
qualche uomo maturo si spingeva ancora oltre, cimentandosi con la
durezza che quel cammino comportava.
Pasquale masticava erbe,era rilassato ma il suo viso cedeva ad
una improvvisa rassegnazione.
- Cosa fai qui ? Chiese.
- Torno a casa .
- Ma quale,quella vecchia stamberga?
- Non ho altro !
- Potresti non accontentarti. Replicò.
- Tu parli ma non sai cosa dici.
- Fidati ogni tanto.
- Sei comodo,ti muovi ..e poi crei scompiglio.
- Credi ?
- La genti ti osserva e torna a casa nervosa.
- Questa poi! Gli uomini raccolgono i frutti dai campi come
sempre e non li vedo lavorare di meno.
- Non sei giusto.
- Le donne..quelle giovani si muovono agilmente; le anziane
conservano le loro abitudini aggirandosi per il paese con i
consueti vestiti.
- Non entri nelle case.
- Come fare?
- Quando ci si ritrova a pranzo c'è un clima più pesante.
- Perché ?
- I vecchi mormorano ,i giovani si ammutoliscono.
- Ti ascolto,ma non credo di essere il responsabile di tanto
casino.
- Tu badi solo a te.
- Lascia stare
ascolta perché domani non scendi con me in
città?
- Sarebbe?
- Avverti i tuoi con una scusa.
- A te sembra tutto facile.
- Ma lo è,non pensare,non fermarti,fai.
- D'accordo.
Henver rannicchiato nel pagliericcio,non chiudeva occhio.
I genitori,colti alla sprovvista, si erano lasciati lusingare.
Consapevoli dei rischi avevano alla fine acconsentito.
Pasquale, di prima mattina, lo aspettava appoggiato al lastrone
della fontana.
Avevano percorso in macchina la vecchia strada che meglio si
offriva al passo degli uomini o a quello lento e costante di muli
e cavalli.
Giunti in città avevano atteso una giornata intera prima di
imbarcarsi.
Il viaggio era stato pagato da Pasquale. Non doveva temere.
Usciti dal porto di Scutari,la nave si muoveva tranquilla su un
mare blu cobalto,profondo e limpido.
La gente preferiva l'interno,pochi rimanevano a rimirare
l'incanto .
- Se un mare così calmo circondasse la nostra vita.
- Cosa credi,ti sei uomo fortunato.
- Non ricominciare Henver,pensi sempre a te stesso. Vedrai,
visiteremo Bari.
La trazione del motore non dava affidamento.
Il capitano della nave preferì fermarsi.
L'eccesso di precauzione fu provvidenziale,infatti la nave
cedette colando a picco proprio quando passava un mercantile.
Henver d'istinto si era gettato in acqua e fu tratto in salvo
come gli altri.
Non tutti però ce l'avevano fatta,tra questi anche Pasquale.
Vane furono le ricerche, si era inabissato con la nave.
I naufraghi giunsero ad Otranto accolti da molte persone .
Henver preferì defilarsi nascondendosi dentro un container. La
mattina successiva aveva già agganciato un treno in partenza per
Torino.
La luce della giornata ,mescolata agli umori e agli odori della
gente che si assiepavano negli scompartimenti rallegrarono il suo
animo.
Quando il treno giunse a Lucca per dei controlli pensò di
fuggire ma una signora lo accolse nella sua cuccetta invitandolo
a riposarsi.
Si risvegliò poco dopo alla stazione di Porta Nuova.
Cercò lavoro. Bussate e vi sarà aperto, aveva letto sul
frontespizio di una chiesa,ma neanche lì riuscì a trovare
un'occupazione.
La sua insofferenza durò una settimana,dopodiché decise di
spostarsi a Genova.
Alcuni ragazzi ne avevano parlato bene.
Il volto burbero di un automobilista e l'alcol lo trasportarono
soavemente in quel di Genova.
Lo accolsero il mare e il vociferare confuso del camalli .
Henver cercava lavoro.
Alcuni compaesani gli avevano offerto soldi e un briciolo di
illegalità ma lui rifiutò schifato.
Molti si offrivano di ospitarlo e gli offrivano lavori in nero,
precari.
Avrebbe voluto un lavoro regolare, ma si rassegnò.
Un capomastro lo assunse per qualche giorno,ma il sequestro del
cantiere lo rigettò nella strada
Un'impresa stradale gli offrì un "piccolo lavoro" in
nero.
Levigare cubetti in porfido per rinnovare le piazze del centro.
Il ragazzo si impegnò molto. Alla fine rimirando la strada
osservava bambini,anziani,adulti.
Forse qualcuno abbassando lo sguardo,abbacinato da una luce
troppo forte o infastidito da una litigata,si sarebbe accorto di
quel sottile riverbero.
Lustro prodotto da mani esperte che si erano intrecciate ad altre:
giovani ma volenterose.
Oramai era giunta l'estate.
Henver alloggiava provvisoriamente in una baracca di legno.
Era poco quello che possedeva.
Per quelle sere così calde gli sarebbe bastato un piatto di
pesce rancido.