Racconti di Danilo Ragozzino
La lettera
L'indice e il pollice
s'allontanarono. Tutto buio. Un leggero tonfo risuonò. Lo
sportellino con la scritta Per tutte le destinazioni cigolò
subito dopo, come un piccolo sbadiglio metallico pendente.
Una mano aveva fatto cadere la lettera nella cassetta della posta
affissa ad un muro e poi si era allontanata. I pensieri del
mittente però erano sospesi nell'aria, sparsi tra la fonte e la
busta. Questo è importante! Perché è proprio in questi attimi
che la lettera assorbe le emozioni e i pensieri più veritieri.
Nel momento del
distacco. Così per non lasciarli
abbandonati per strada, soggetti al fastidioso ronzio delle auto
la lettera li fa entrare nella sua busta. Al caldo.
Ed ora attesa. Già perché quando è entrata era quasi
mezzogiorno, mentre il ritiro avviene alle 15.00. Si guarda
intorno e nel frattempo controlla che tutto sia ordine.
Francobollo: a posto; lembo: ben incollato; orecchiette: nemmeno
a pensarci " Io sono una Lettera per bene, elegante. Sono di
stile inglese." Questo pensava tra se.
Tonf
! Una Cartolina precipita nel buio e poi si adagia sul
fondo della cassetta, all'angolo. La cassetta della posta era
molto vecchia, ben rifatta s'intende, però un po' di ruggine
c'era nonostante le diverse mani di pittura. E proprio sotto la
cerniera inferiore dello sportello la ruggine aveva corroso. Un
fioco raggio di luce riusciva a penetrare riflettendosi sulla
foto della Cartolina in una striscia centrale. Il mare. "OH,
che bello, il mare." - esclamò la Lettera - "Ma sui
fogli ci deve essere, adesso che ci penso, qualche frase che
parla del mare
" - così si scruta dentro e "
il mare ci accolse ancora nel suo respiro silenzioso/ ci tinse
d'azzurro/ e ci donò le ali per l'infinito. Che bello! Vorrei
provare quest'emozioni stando lì seduta sulla spiaggia di notte
a guardare il mare, ascoltare le onde." Si diceva tra sé la
Lettera con meraviglia.
Trak, trak. Uno stridore deciso e prolungato fece capire che il
chiavistello stava svolgendo due mandate. Un mare di luce abbagliò
la Lettera e la Cartolina. Lo sportello della cassetta era stato
aperto dal postino e i suoi baffi si erano allargati in una
smorfia per dire "Oh
guarda un po', una lettera e una
cartolina. Sempre di meno. Bah."
Ma la solitudine durò poco. Precipitarono subito dopo in un
sacco contenente centinaia di lettere e viaggiarono sul
furgoncino attraversando la città. Svoltarono a destra, poi a
sinistra e dopo di nuovo a destra finché
sul binario 1,
treno locale 225, in partenza per Firenze. Il treno 443,
proveniente da Roma, sul binario 5, viaggia con un ritardo di 20
minuti. Ripeto
" E' la stazione! La stazione." -
esclamò la Lettera. E la Cartolina "Si, è proprio la
stazione. Adesso inizia il viaggio. E' meglio che mi dia una
lucidata". Aggiunse con una certa emozione.
L'aria della stazione è come la primavera. Tanti sospiri, aliti
e bisbigli si mischiano, e poi finiscono nel naso e nelle
orecchie dei passanti, come il polline si posa sui fiori. E pensi
a cose che non ti appartengono. Alla stazione non ci si sente mai
soli. C'è attesa, speranza, malinconia: viaggio. Qui è l'unico
luogo dove i ricordi si svegliano, perché sanno che ora
penetreranno la realtà attraverso la coscienza del soggetto.
Diverranno anche loro. Assieme agli altri sacchi postali
attraversarono, su un piccolo carrello trainato a mano, il
tintinnio di bicchieri e posate del ristorante, poi il pesante
rullio dei muletti per i bagagli sul selciato, il calpestio di
bicchieri e cartacce dei passanti e infine arrivarono al loro
treno. L'odore pregno e sfumato delle pietre marroni dei binari
si spargeva nell'aria impregnando la carta. E' l'odore che nello
stesso istante ti fa pensare alla metropoli, al passato, e ti
spinge verso l'ignoto, il futuro. E' quell'istante in cui il
vecchio e il nuovo convivono: si fondono in un incomprensibile
stato d'animo. Questo è lo spirito della lettera. Questo le
rendeva orgogliose del loro essere.
Dopo qualche minuto un susseguirsi di boccate di fumo che si
riversava all'indietro salutava il treno che moggio si
allontanava dagli alti palazzi, dai claxon, dalla città.
Iniziarono a profilarsi subito dopo i monotoni condomini della
periferia verdi colline fiorite in sinuose linee fuggevoli,
montagne azzurre sullo sfondo e qualche rara casetta qua e là
appoggiata sui prati. Il sacco non era ben allacciato e ad un
certo momento, dopo una curva, si rovesciò e le lettere si
sparsero nel vagone merci. Il treno correva. Il vento fischiando
s'intrufolava nelle sottili fessure tra i marci listelli della
carrozza. Ci fu un turbinio di Raccomandate Lettere Cartoline
Assicurate E la Lettera perse di vista la compagna. Finì in un
angolo buio. Intravide un francobollo con su scritto Dusseldorf
su una busta di un azzurrino pallido. Tentò di dirle qualcosa,
ma con il tedesco niente. Nemmeno una parola, se non
aufwiedersehen. E l'altra busta rispose: "Aufwiedersehen.
Intanto la notte fuori obliava i colori in un'ampia tenebra che
avvolgeva tutto. il treno correva silenzioso in essa, portando
portando un vagone di parole, parole di una realtà ancora
sospesa per metà nell'animo, ancora libera nell'aria. Prossima
però a realizzarsi.
Ogni tanto, con cadenza regolare, un bagliore illuminava la
parete opposta del vagone. Iniziava dal fondo e dopo che
velocemente era scivolato su tutta la parete si spegnava in un
punto luminoso sulla parte anteriore. Forse stavano attraversando
un paesino, tra le campagne. La Lettera a tratti riusciva a
leggere delle frasi virgolettate sulla faccia di un'altra
cartolina:
D'inverno, ce ne andremo in un piccolo vagone rosa
Con i cuscini blu
Staremo bene. Un nido di pazzi baci riposa
In qualche soffice angolo
Buio. La luce scomparve. La Lettera aspettò che un altro
lampione le desse nuova luce. E
Tu chiuderai gli occhi, per non vedere, dai vetri
Ghignare le ombre della sera
Buio. Ma stranamente il treno sembrò andare più veloce, perché
la nuova luce arrivò un attimo dopo:
Poi sentirai la guancia scalfita
Un piccolo bacio, come un ragno folle
Ti correrà per il collo
E tu mi dirai: "Cerca!" inclinando la testa,
e perderemo tempo a cercare quella bestia
che così tanto viaggia
"E' una poesia! Che romantico. Ma guarda un po' quanta posta
colta s'incontra viaggiando. A parte le Assicurate e le
Raccomandate che sono degli impiegati, semplici portatori
d'informazioni, e alcune razze di quelle con i formali saluti
d'occasione, a parte tutti questi si incontra tanta carta
interessante. cartoline, Tutto quello che non senti dire in giro
lo trovi qui. Quanti mondi convivono in questo vagone. E questo
piccolo universo sta viaggiando verso.."
Verso dove stava viaggiando il treno?
Stava entrando nell'alba all'orizzonte quando un freddo vento di
luce riempì gran parte del vagone. "Siamo arrivati"
pensò. Infatti
Napoli- Mergellina. Treno 722 proveniente d
Milano è in arrivo sul I° binario". L'odore delle pietre
marroni dei binari riempiva l'aria. Ma questa volta era diverso.
Nelle sfumature di quest'odore si sentiva il profumo di salsedine
temprata dal sole. Il treno si fermò dopo uno stridio di rotaie.
Le persone avanti erano accalcate alle porte aspettando di salire.
Tra un fischietto passatempo e l'altro due allegri inservienti
delle ferrovie si diressero verso le ultime carrozze.
Spalancarono il portellone e alle lettere si mostrò uno scorcio
del golfo di Napoli. Tra tetti marroni di antiche case, tutte
colorate, si apriva un lembo di mare fino ai piedi del maestoso
trono del Vesuvio, avvolto nel suo serico manto azzurro. Col suo
silente e venerando sguardo ricordava alla città che la vita v
vissuta tutta e allegramente; questo i napoletani lo avevano
imparato bene. Ogni giorno facevano allegria - ammoina - in tutta
la città e in tutti i modi possibili.
Le lettere furono raccolte e portate all'ufficio smistamento
della stazione. Qui furono sparse su un grande tavolo in attesa
di essere raggruppate per città e nell'attesa la Lettera si
guardava intorno. Sulla destra del tavolo, dietro due sedie con
lo schienale imbottito, vide due schermi luminosi. Due monitor
sui quali di tanto in tanto appariva una lucina lampeggiante con
una scritta: "nuovo messaggio".
"Chi è questi?" Tentò di dirgli qualcosa, di
conoscerlo, ma dallo schermo non usciva alcun suono . Poi una
Raccomandata le confidò "Guarda che quelle sono le ultime
arrivate. Sono velocissime, viaggiano in tempo reale. Caso mi lo
uccidono il tempo reale. Mah! Comunque si chiamano E-MAIL. Non
fai in tempo a pensare una cosa che è già arrivata a
destinazione." Allora un'altra Raccomandata soggiunse con
ironia "Prima l'invii e poi ti viene in mente quello che
vuoi dire. Ah ah ah." "L'aria è piena, satura di
questi
questi
non so come chiamarli! E poi ci sono
anche i cugini: gli SMS. Però per quest'ultimi devi avere ancora
più sintesi o più simboli, o meno pensieri." Sentenziò
un'Assicurata che aveva ascoltato la conversazione in disparte.
Una grossa mano strappò la Lettera dal tavolo "Napoli, via
Aniello Falcone 15. Via. Qui." E così si approssimava a
raggiungere il suo destinatario.
Doveva essere più o meno mezzogiorno quando il postino con un
balzo scese dalla bicicletta e allungò la mano verso una piccola
cassetta per la posta appesa al muro di una casa antica che
affaccia dall'alto sul mare. Dopo soli cinque minuti una ragazza
scese e ritirò la posta. Velocemente salì su per le scale, aprì
con decisione le ante della veranda e uscì entusiasta sul
terrazzo da cui il mare si apriva in uno sguardo illimitato oltre
le braccia del golfo. La brezza dalla spiaggia portava le parole
e l'allegria dei bagnanti, mentre i capelli sparsi all'aria
trattenevano il profumo delle onde. Prima di aprire la busta,
volse uno sguardo intenso verso il mare. Era la lettera di lui.
Il mare ci accolse ancora nel suo respiro silenzioso
Ci tinse d'azzurro
E ci donò le ali
Per l'Infinito
Cara Lara,
sono passati quei primi giorni del nostro incontro lì, sul mare.
Un'estate. Quando leggerai questa lettera io avrò già compiuto
il mio suicidio. Ma per te ora queste parole sono il presente del
mio pensiero. L'ultimo pensiero. La depressione non mi lascia.
Come un cancro ha pervaso tutti i momenti del giorno. Lo
psicanalista mi ha tenuto in cura e ancora insiste perché
continui. Ma quando ci guardiamo negli occhi, in quell'attimo in
cui ci salutiamo a fine seduta, si legge nei nostri sguardi la
fine. La depressione è l zavorra invisibile dell'animo che vuole
elevarsi verso la Bellezza, ma il mio animo è troppo frantumato
per ricomporsi. Cosa può la psicanalisi o altre terapie contro
lo stagliarsi di freddi palazzi di cemento, contro un
inestricabile fiondarsi di auto piene di sguardi distratti,
rubati agli animi; cosa può contro una assurda velocità che ci
circonda vorticosamente e ci penetra e ci annulla. Cosa può?
Quando tutto questo assurdo permea anche i nostri momenti di
intimità. Quando penetra anche la più profonda intimità
talvolta atrofizzando, inquinando, anche la più ingenua nostra
spontaneità. Anche il ricordo! Anche il ricordo è stato
profanato e dissacrata la sua recondita bellezza edificata con
sofferenza dal Tempo. Non abbiamo più Templi dentro il nostro
animo. Quel silenzio sacro che era sospeso tra le colonne
decorate della Memoria è stato viscidamente invaso dall'ardore
del lucro attraverso immagini ossessive e vuote eiaculate da un
piccolo apparecchio cancerogeno, il televisore. Mi sento di
vivere nel vuoto; dove il linguaggio per primo mi è diventato
estraneo: a stento definisce i contorni delle cose. Ma non della
loro essenza dice, di Noi non dice.
Mi manca il tempo del germoglio!
Qual è la mia vita?! Un lavoro. Un semplice lavoro come
programmatore di computers. Come può essere gratificante un
lavoro simile! I soliti colleghi, con i loro problemi personali o
familiari. Poi qualche passatempo, il calcetto magari, per
ricordarsi che si è stati giovani.
Cara Lara, chi sono diventato: cosa sono diventato?
Oltre non mi sento di proseguire. Perdonami per i progetti che
nell'illusione della vita avevamo fatto. Non ce la faccio. Ti
chiedo perdono nell'amore che ci ha visto profondamente uniti.
Addio
Tuo Giorgio
Il capo della ragazza si chinò sul foglio. Una lacrima intensa
scivolando sulle guance cadde su quelle parole. Posò la lettera
sul tavolo e scappò dentro tra pianti trattenuti. Un colpo di
vento strappò la lettera dal tavolo e la fece rotolare nell'aria
giù per la collina.
Chissà qualcun altro l'avrà letta, nel tempo. Qualcuno che avrà
conosciuto ora la storia di questi due innamorati. Dopotutto era
sempre un lettera.
FOTOGRAMMA
Quando vide il treno arrivare
sul binario pensò "E' lui!" Un senso di anarchica
libertà si folgorò nella sua mente.
Ruota la maniglia della portiera e aggrappandosi al passamano
interno si tira su per i tre scalini. Con lo sguardo ben aperto e
a lunghi passi percorre il corridoio. Scruta negli scompartimenti
sulla sua sinistra finché non ne trova uno completamente vuoto.
Entra. Si siede. Nella mano sinistra tiene ben stretta una grande
bandiera rossa; il volto, invece, è rivolto verso destra a
guardare il paesino che si allontana sempre più piccolo oltre e
sue contrade. - Solo quattro ore e sarò lì, con gli altri. -
mentre pensava a questo, una sensazione di sicurezza e di forza
lo prendeva.
Dopo due stazioni, la porta scorrevole dello scompartimento
scivolò aprendosi. Un profumo di dopobarba lieve si cosparse
attorno a quella figura che di spalle stava richiudendo la porta.
Era un signore sulla quarantina, ben vestito e con piccoli
occhiali rettangolari con lenti fotocromatiche. Con fare consueto
si sedette di fronte al ragazzo che, nel frattempo, aveva
spostato la bandiera per far posto e la stringeva in mano davanti
a sé. L'uomo si sedette, accavallò le gambe e guardò subito
verso il finestrino come per verificare le condizioni
meteorologiche del cielo. Quel giorno il sole a periodi
scompariva dietro lunghi nuvoloni grigi, ma la pioggia si
tratteneva dal cadere. Il tempo quel giorno era bilico. Il treno
ripartì. L'uomo doveva essere probabilmente un pendolare, dato
che lo sguardo si era posato in direzione del finestrino senza
essere minimamente incuriosito da alcun particolare.
Si era seduto di fronte. Talvolta gli sguardi distrattamente
s'incrociavano. A loro insaputa, ad un certo momento, spuntò nei
due silenziosi viaggiatori un individuale flusso di pensieri
subcosciente senza una meta definita. Ci sono persone,
sconosciute, che ci provocano uno strano senso di suggestione,
forse questa è la sensazione di un' affinità profonda che
alcuni dei nostri sensi ci fanno intuire, ma che la coscienza non
sempre accetta.
Lo sguardo del signore passò sulla figura del ragazzo e per un
attimo si fermò sul volto. Da qui velocemente scorse verso il
basso a scrutare l'intera figura. Poi ritornò a guardare fuori.
La comunicazione era iniziata. Entrambi nel loro silenzio avevano
un sentore di pensieri rivolti all'altro. Lo sguardo dell'uomo,
dopo qualche attimo ritornò sulla bandiera ( ci deve essere
qualcosa più forte di noi che talvolta non controlliamo e che ci
dà uno strano senso di libertà) ed esclamò con le sopracciglia
leggermente inarcate - Beh
di sicuro non sei solo tifoso
della Ferrari!- Il ragazzo come se avesse aspettato questa
domanda, o comunque qualcosa, rispose con tono tranquillo ma
deciso - No, no! Di sicuro o di meglio a che pensare! Non mi
sembra molto intelligente portare in giro una bandiera del non
senso! - La seconda metà della risposta aveva un significato
diverso; diverso perché non era strettamente inerente alla
domanda, non era necessaria. Ma quella seconda metà era più
importante della prima: era il senso della giovinezza. La forza
nascosta in quella frase la si può ritrovare negli occhi accesi
dei giovani, o almeno in alcuni di essi. Perché aggiungere
qualcosa di così forte e che non era stato chiesto? Perché.
La risposta dell'uomo fu come la goccia che portò il vaso al
trabocco. - Beh, non c'è comunque nulla di male a tifare per uno
sport. Io, personalmente, faccio il tifo per la Ferrari. Sono
cose importanti anche queste. Ti serviranno.
"Sono cose importanti anche queste; ti serviranno".
Ecco il flusso di pensieri iniziava pian piano a prendere luce,
timidamente. Quel "ti serviranno" era già la risposta
alla provocazione della prima frase "sono cose importanti
anche queste". Il ragazzo puntò lo sguardo verso fuori,
inarcò le sopracciglia e con un soffocato tono di arroganza
rispose - Bah, questo lo dice lei. E' una sua opinione. Per me
importanti sono tutte altre cose. - E spezzò il tono della frase
come a voler far capire l'enorme distanza di opinione. E in
questo c'era una chiara distinzione tra bene e male, tra giusto e
ingiusto. L'arroganza è la forza del pensiero cieco, cieco è
quel pensiero che non vede oltre e il giovane è convinto, perché
lo sente, di percepire qualcosa di assoluto. Questo, forse, è il
fardello della gioventù. Ma l'arroganza è la cosa che più crea
caos nel pensiero dell'adulto perché questi avverte il ritorno
di una "logica" dimenticata, e l'imbarazzo di fronte a
tanti perché incompresi crea angoscia. Dire ciò ad un adulto
significa mettere in discussione gran parte del suo vissuto e
delle sue scelte, e chiunque sia dotato di una certa sensibilità
sa quanto è pericoloso.
L'uomo, dunque non poteva trattenersi da ciò che lentamente
stava emergendo dal di dentro e disse come se il discorso fosse
già iniziato da tempo - Già, beata gioventù! Tu che ne sai. Tu
non sai quanto è grande la vita: quanto è largo l'orizzonte in
cui le persone si muoveranno andando avanti negli anni. E da qui,
da questa mia età, i tuoi ideali e le tue emozioni sono solo
nullità. Nullità perché quello che troverai avanti è ancora
più tragico, più impossibile. Ma poi, in fondo, molti come te,
alla tua età, hanno solo una moda cerebrale pompata da un fiume
di testosterone. Alla tua età si è idealisti, alla mia si è
idealizzatori. Bisogna idealizzare anche le cose più banali
della vita per illudersi di essere felici. -
- Ma questa è stata una tua scelta di vita! - ribatté il
ragazzo con tono adirato.
- Ah! Una mia scelta di vita? Perché sei tu a scegliere la vita?!
O la vita sceglie te! Figlio mio altri problemi entreranno dentro
di te con gli anni e di questi ideali non ti rimarrà che un
simpatico ricordo legato ad una fase incompiuta della tua vita.
Forse quella più bella. -
- Ma come può essere bella questa fase se è falsa, non è
reale? Secondo lei -. Aggiunse con tono ironico il ragazzo.
- E' vera solo perché tu la vivi intensamente, ma la tu ingenua
esperienza ( ammesso sempre che tu la viva così ) è un nulla
nel caos del mondo dove tutti hanno una storia piena di verità e
problemi altrettanto importanti quanto i tuoi. - Poi si fermò a
riflettere per qualche attimo e aggiunse con un tono più pacato
e distaccato - Senti me, l'uomo è un essere fallito. Illusione,
rimpianto, angoscia, ricordo: questi sono i sentimenti che
albergheranno sempre, in modo diverso secondo l'età, nel tuo
animo. Prendi le cose per quelle che sono: passeggere e vanno
vissute. E basta con questa tua arroganza. Ascolta chi ha vissuto
qualche anno più di te. Le vite alla tua età sembrano diverse,
alla mia sono tutte uguali. - Così terminò il suo pensiero.
L'espressione del viso era più rilassata, ma non al punto di
trasmettere una convinzione piena. C'era qualcosa di profondo e
nascosto che non appagava il suo pensiero; questo è uno degli
enigmi della "maturità", dell'essere adulti. Dallo
sguardo ben aperto e intento del giovane si capiva che questo
qualcosa di oscuro c'era, ed era qualcosa che andava al di là
della vita stessa dell'uomo, anzi la vita dell'uomo in
quell'attimo gli sembrò un semplice sipario dove forze più
grandi della sua volontà avessero mosso le fila. Il giovane ebbe
un'immagine spontanea nella sua mente: s'immaginò un'alba in cui
fiorivano timide sfumature che sarebbero diventate poi colori
vivi ma un lenzuolo di sangue prendeva colore tra quelle
sfumature. Perché il sangue misto tra timidi e ingenui colori? -
si chiedeva.
L'uomo rivolse lo sguardo fuori dal finestrino, acuì lo sguardo
sul paesaggio che scorreva, si accigliò con una certa intensità
come a voler fermare un fotogramma del fluire delle immagini del
paesaggio
- Ci dev'essere un momento della nostra vita
non so bene quando, in cui si diventa improvvisamente nessuno. -
Il treno era entrato nella stazione. Le colonne pitturate di
verde all'improvviso si profilarono alla sinistra del finestrino.
Il numero delle persone sul marciapiede aumentava man mano che il
treno rallentava. Spuntò l'edicola, il bar, la sala comando. Il
treno era fermo. Le porte aperte. Il ragazzo avrebbe voluto
dirgli ancore tante cose. Ma dirgliele con rabbia. Assalirlo. Poi
un attimo dopo pensò che il suo odio non era, infondo, per la
persona fisica, ma per quelle parole. - Mi scusi se sono stato
troppo arrogante. Maleducato. La saluto. - E stava per
accomiatarsi. -Non ti preoccupare. Mi sono lasciato infervorare
anch'io dal discorso; a volte capita che vengano fuori cose
cose che magari non si pensavano più. Comunque in bocca al lupo.-
Rispose l'uomo mantenendo le gambe accavallate e lo sguardo più
tranquillo. Il ragazzo afferrò la bandiera rossa, fece un cenno
di saluto e uscì gettando lo sguardo verso la folla di persone
accalcate sulla banchina del primo binario.
Entrò nuova gente. Lo scompartimento si riempì di altre
persone, una signora con il bambino, una coppia di anziani, e un
uomo alto e ben vestito. Il fischio del capostazione risuonò
nell'aria fosca della stazione. Lentamente il treno iniziava a
muoversi. Ai lati il paesaggio incominciava ad andare
all'indietro. Dopo due minuti circa, o meno, una brusca fermata
sorprese tutti i passeggeri che aggrapparono ai poggiamano dei
sedili. Qualche attimo d'attesa per poi ripartire. Ma il treno
era ancora fermo. Passarono altri interminabili minuti e non si
muoveva nulla. Allora nei corridoi la gente incuriosita si
sporgeva dai finestrini per capire cosa fosse successo.
Iniziarono a circolare voci di bocca in bocca. Ma erano come il
fumo, non convincevano nessuno. E tanto meno qualcuno degli
addetti ai lavori passava da quelle parti a spiegare l'accaduto.
Allora il quarantenne preso da un sentimento di ira dovuto
all'attesa si alzò e si diresse verso i primi vagoni. Già gli
balenavano in mente tutte le scuse possibili dei ferrovieri. Il
treno non era nemmeno uscito dalla stazione che già si era
fermato. Arrivò al secondo vagone, da qui si sarebbe veduto di
sicuro tutto. C'era fuori un gruppo di ferrovieri vicino la
locomotiva che attorniavano inchinati qualcosa. Un altro correva
con la paletta e la radio trasmittente verso la stazione. Fu a
questi che l'uomo gridò "Scusi
scusi. Ma perché ci
siamo fermati
e quando ripartiremo
"
"Non si sa, deve arrivare prima il questore per la perizia.
Ci vorranno un paio d'ore almeno!" rispose il ferroviere
correndo.
Allora l'uomo sporse di più dal finestrino, quasi a gettarsi per
vedere meglio. Vide dei lembi stracciati di una bandiera rossa
che fuoriusciva dai binari.