Racconti di Danilo Ragozzino

danilo1968@libero.it

La lettera

 

L'indice e il pollice s'allontanarono. Tutto buio. Un leggero tonfo risuonò. Lo sportellino con la scritta Per tutte le destinazioni cigolò subito dopo, come un piccolo sbadiglio metallico pendente.
Una mano aveva fatto cadere la lettera nella cassetta della posta affissa ad un muro e poi si era allontanata. I pensieri del mittente però erano sospesi nell'aria, sparsi tra la fonte e la busta. Questo è importante! Perché è proprio in questi attimi che la lettera assorbe le emozioni e i pensieri più veritieri. Nel momento del… distacco. Così per non lasciarli abbandonati per strada, soggetti al fastidioso ronzio delle auto la lettera li fa entrare nella sua busta. Al caldo.
Ed ora attesa. Già perché quando è entrata era quasi mezzogiorno, mentre il ritiro avviene alle 15.00. Si guarda intorno e nel frattempo controlla che tutto sia ordine. Francobollo: a posto; lembo: ben incollato; orecchiette: nemmeno a pensarci " Io sono una Lettera per bene, elegante. Sono di stile inglese." Questo pensava tra se.
Tonf…! Una Cartolina precipita nel buio e poi si adagia sul fondo della cassetta, all'angolo. La cassetta della posta era molto vecchia, ben rifatta s'intende, però un po' di ruggine c'era nonostante le diverse mani di pittura. E proprio sotto la cerniera inferiore dello sportello la ruggine aveva corroso. Un fioco raggio di luce riusciva a penetrare riflettendosi sulla foto della Cartolina in una striscia centrale. Il mare. "OH, che bello, il mare." - esclamò la Lettera - "Ma sui fogli ci deve essere, adesso che ci penso, qualche frase che parla del mare… " - così si scruta dentro e "… il mare ci accolse ancora nel suo respiro silenzioso/ ci tinse d'azzurro/ e ci donò le ali per l'infinito. Che bello! Vorrei provare quest'emozioni stando lì seduta sulla spiaggia di notte a guardare il mare, ascoltare le onde." Si diceva tra sé la Lettera con meraviglia.
Trak, trak. Uno stridore deciso e prolungato fece capire che il chiavistello stava svolgendo due mandate. Un mare di luce abbagliò la Lettera e la Cartolina. Lo sportello della cassetta era stato aperto dal postino e i suoi baffi si erano allargati in una smorfia per dire "Oh… guarda un po', una lettera e una cartolina. Sempre di meno. Bah."
Ma la solitudine durò poco. Precipitarono subito dopo in un sacco contenente centinaia di lettere e viaggiarono sul furgoncino attraversando la città. Svoltarono a destra, poi a sinistra e dopo di nuovo a destra finché… sul binario 1, treno locale 225, in partenza per Firenze. Il treno 443, proveniente da Roma, sul binario 5, viaggia con un ritardo di 20 minuti. Ripeto… " E' la stazione! La stazione." - esclamò la Lettera. E la Cartolina "Si, è proprio la stazione. Adesso inizia il viaggio. E' meglio che mi dia una lucidata". Aggiunse con una certa emozione.
L'aria della stazione è come la primavera. Tanti sospiri, aliti e bisbigli si mischiano, e poi finiscono nel naso e nelle orecchie dei passanti, come il polline si posa sui fiori. E pensi a cose che non ti appartengono. Alla stazione non ci si sente mai soli. C'è attesa, speranza, malinconia: viaggio. Qui è l'unico luogo dove i ricordi si svegliano, perché sanno che ora penetreranno la realtà attraverso la coscienza del soggetto. Diverranno anche loro. Assieme agli altri sacchi postali attraversarono, su un piccolo carrello trainato a mano, il tintinnio di bicchieri e posate del ristorante, poi il pesante rullio dei muletti per i bagagli sul selciato, il calpestio di bicchieri e cartacce dei passanti e infine arrivarono al loro treno. L'odore pregno e sfumato delle pietre marroni dei binari si spargeva nell'aria impregnando la carta. E' l'odore che nello stesso istante ti fa pensare alla metropoli, al passato, e ti spinge verso l'ignoto, il futuro. E' quell'istante in cui il vecchio e il nuovo convivono: si fondono in un incomprensibile stato d'animo. Questo è lo spirito della lettera. Questo le rendeva orgogliose del loro essere.
Dopo qualche minuto un susseguirsi di boccate di fumo che si riversava all'indietro salutava il treno che moggio si allontanava dagli alti palazzi, dai claxon, dalla città. Iniziarono a profilarsi subito dopo i monotoni condomini della periferia verdi colline fiorite in sinuose linee fuggevoli, montagne azzurre sullo sfondo e qualche rara casetta qua e là appoggiata sui prati. Il sacco non era ben allacciato e ad un certo momento, dopo una curva, si rovesciò e le lettere si sparsero nel vagone merci. Il treno correva. Il vento fischiando s'intrufolava nelle sottili fessure tra i marci listelli della carrozza. Ci fu un turbinio di Raccomandate Lettere Cartoline Assicurate E la Lettera perse di vista la compagna. Finì in un angolo buio. Intravide un francobollo con su scritto Dusseldorf su una busta di un azzurrino pallido. Tentò di dirle qualcosa, ma con il tedesco niente. Nemmeno una parola, se non aufwiedersehen. E l'altra busta rispose: "Aufwiedersehen. Intanto la notte fuori obliava i colori in un'ampia tenebra che avvolgeva tutto. il treno correva silenzioso in essa, portando… portando un vagone di parole, parole di una realtà ancora sospesa per metà nell'animo, ancora libera nell'aria. Prossima però a realizzarsi.
Ogni tanto, con cadenza regolare, un bagliore illuminava la parete opposta del vagone. Iniziava dal fondo e dopo che velocemente era scivolato su tutta la parete si spegnava in un punto luminoso sulla parte anteriore. Forse stavano attraversando un paesino, tra le campagne. La Lettera a tratti riusciva a leggere delle frasi virgolettate sulla faccia di un'altra cartolina:


D'inverno, ce ne andremo in un piccolo vagone rosa
Con i cuscini blu
Staremo bene. Un nido di pazzi baci riposa
In qualche soffice angolo

Buio. La luce scomparve. La Lettera aspettò che un altro lampione le desse nuova luce. E…


Tu chiuderai gli occhi, per non vedere, dai vetri
Ghignare le ombre della sera…

Buio. Ma stranamente il treno sembrò andare più veloce, perché la nuova luce arrivò un attimo dopo:

Poi sentirai la guancia scalfita…
Un piccolo bacio, come un ragno folle
Ti correrà per il collo

E tu mi dirai: "Cerca!" inclinando la testa,
e perderemo tempo a cercare quella bestia
che così tanto viaggia…

"E' una poesia! Che romantico. Ma guarda un po' quanta posta colta s'incontra viaggiando. A parte le Assicurate e le Raccomandate che sono degli impiegati, semplici portatori d'informazioni, e alcune razze di quelle con i formali saluti d'occasione, a parte tutti questi si incontra tanta carta interessante. cartoline, Tutto quello che non senti dire in giro lo trovi qui. Quanti mondi convivono in questo vagone. E questo piccolo universo sta viaggiando verso.."
Verso dove stava viaggiando il treno?
Stava entrando nell'alba all'orizzonte quando un freddo vento di luce riempì gran parte del vagone. "Siamo arrivati" pensò. Infatti… Napoli- Mergellina. Treno 722 proveniente d Milano è in arrivo sul I° binario". L'odore delle pietre marroni dei binari riempiva l'aria. Ma questa volta era diverso. Nelle sfumature di quest'odore si sentiva il profumo di salsedine temprata dal sole. Il treno si fermò dopo uno stridio di rotaie. Le persone avanti erano accalcate alle porte aspettando di salire. Tra un fischietto passatempo e l'altro due allegri inservienti delle ferrovie si diressero verso le ultime carrozze. Spalancarono il portellone e alle lettere si mostrò uno scorcio del golfo di Napoli. Tra tetti marroni di antiche case, tutte colorate, si apriva un lembo di mare fino ai piedi del maestoso trono del Vesuvio, avvolto nel suo serico manto azzurro. Col suo silente e venerando sguardo ricordava alla città che la vita v vissuta tutta e allegramente; questo i napoletani lo avevano imparato bene. Ogni giorno facevano allegria - ammoina - in tutta la città e in tutti i modi possibili.
Le lettere furono raccolte e portate all'ufficio smistamento della stazione. Qui furono sparse su un grande tavolo in attesa di essere raggruppate per città e nell'attesa la Lettera si guardava intorno. Sulla destra del tavolo, dietro due sedie con lo schienale imbottito, vide due schermi luminosi. Due monitor sui quali di tanto in tanto appariva una lucina lampeggiante con una scritta: "nuovo messaggio".
"Chi è questi?" Tentò di dirgli qualcosa, di conoscerlo, ma dallo schermo non usciva alcun suono . Poi una Raccomandata le confidò "Guarda che quelle sono le ultime arrivate. Sono velocissime, viaggiano in tempo reale. Caso mi lo uccidono il tempo reale. Mah! Comunque si chiamano E-MAIL. Non fai in tempo a pensare una cosa che è già arrivata a destinazione." Allora un'altra Raccomandata soggiunse con ironia "Prima l'invii e poi ti viene in mente quello che vuoi dire. Ah ah ah." "L'aria è piena, satura di questi… questi… non so come chiamarli! E poi ci sono anche i cugini: gli SMS. Però per quest'ultimi devi avere ancora più sintesi o più simboli, o meno pensieri." Sentenziò un'Assicurata che aveva ascoltato la conversazione in disparte.
Una grossa mano strappò la Lettera dal tavolo "Napoli, via Aniello Falcone 15. Via. Qui." E così si approssimava a raggiungere il suo destinatario.
Doveva essere più o meno mezzogiorno quando il postino con un balzo scese dalla bicicletta e allungò la mano verso una piccola cassetta per la posta appesa al muro di una casa antica che affaccia dall'alto sul mare. Dopo soli cinque minuti una ragazza scese e ritirò la posta. Velocemente salì su per le scale, aprì con decisione le ante della veranda e uscì entusiasta sul terrazzo da cui il mare si apriva in uno sguardo illimitato oltre le braccia del golfo. La brezza dalla spiaggia portava le parole e l'allegria dei bagnanti, mentre i capelli sparsi all'aria trattenevano il profumo delle onde. Prima di aprire la busta, volse uno sguardo intenso verso il mare. Era la lettera di lui.


Il mare ci accolse ancora nel suo respiro silenzioso
Ci tinse d'azzurro
E ci donò le ali
Per l'Infinito


Cara Lara,
sono passati quei primi giorni del nostro incontro lì, sul mare. Un'estate. Quando leggerai questa lettera io avrò già compiuto il mio suicidio. Ma per te ora queste parole sono il presente del mio pensiero. L'ultimo pensiero. La depressione non mi lascia. Come un cancro ha pervaso tutti i momenti del giorno. Lo psicanalista mi ha tenuto in cura e ancora insiste perché continui. Ma quando ci guardiamo negli occhi, in quell'attimo in cui ci salutiamo a fine seduta, si legge nei nostri sguardi la fine. La depressione è l zavorra invisibile dell'animo che vuole elevarsi verso la Bellezza, ma il mio animo è troppo frantumato per ricomporsi. Cosa può la psicanalisi o altre terapie contro lo stagliarsi di freddi palazzi di cemento, contro un inestricabile fiondarsi di auto piene di sguardi distratti, rubati agli animi; cosa può contro una assurda velocità che ci circonda vorticosamente e ci penetra e ci annulla. Cosa può? Quando tutto questo assurdo permea anche i nostri momenti di intimità. Quando penetra anche la più profonda intimità talvolta atrofizzando, inquinando, anche la più ingenua nostra spontaneità. Anche il ricordo! Anche il ricordo è stato profanato e dissacrata la sua recondita bellezza edificata con sofferenza dal Tempo. Non abbiamo più Templi dentro il nostro animo. Quel silenzio sacro che era sospeso tra le colonne decorate della Memoria è stato viscidamente invaso dall'ardore del lucro attraverso immagini ossessive e vuote eiaculate da un piccolo apparecchio cancerogeno, il televisore. Mi sento di vivere nel vuoto; dove il linguaggio per primo mi è diventato estraneo: a stento definisce i contorni delle cose. Ma non della loro essenza dice, di Noi non dice.

Mi manca il tempo del germoglio!
Qual è la mia vita?! Un lavoro. Un semplice lavoro come programmatore di computers. Come può essere gratificante un lavoro simile! I soliti colleghi, con i loro problemi personali o familiari. Poi qualche passatempo, il calcetto magari, per ricordarsi che si è stati giovani.
Cara Lara, chi sono diventato: cosa sono diventato?
Oltre non mi sento di proseguire. Perdonami per i progetti che nell'illusione della vita avevamo fatto. Non ce la faccio. Ti chiedo perdono nell'amore che ci ha visto profondamente uniti.


Addio
Tuo Giorgio

Il capo della ragazza si chinò sul foglio. Una lacrima intensa scivolando sulle guance cadde su quelle parole. Posò la lettera sul tavolo e scappò dentro tra pianti trattenuti. Un colpo di vento strappò la lettera dal tavolo e la fece rotolare nell'aria giù per la collina.



Chissà qualcun altro l'avrà letta, nel tempo. Qualcuno che avrà conosciuto ora la storia di questi due innamorati. Dopotutto era sempre un lettera.


FOTOGRAMMA

 

Quando vide il treno arrivare sul binario pensò "E' lui!" Un senso di anarchica libertà si folgorò nella sua mente.
Ruota la maniglia della portiera e aggrappandosi al passamano interno si tira su per i tre scalini. Con lo sguardo ben aperto e a lunghi passi percorre il corridoio. Scruta negli scompartimenti sulla sua sinistra finché non ne trova uno completamente vuoto. Entra. Si siede. Nella mano sinistra tiene ben stretta una grande bandiera rossa; il volto, invece, è rivolto verso destra a guardare il paesino che si allontana sempre più piccolo oltre e sue contrade. - Solo quattro ore e sarò lì, con gli altri. - mentre pensava a questo, una sensazione di sicurezza e di forza lo prendeva.
Dopo due stazioni, la porta scorrevole dello scompartimento scivolò aprendosi. Un profumo di dopobarba lieve si cosparse attorno a quella figura che di spalle stava richiudendo la porta. Era un signore sulla quarantina, ben vestito e con piccoli occhiali rettangolari con lenti fotocromatiche. Con fare consueto si sedette di fronte al ragazzo che, nel frattempo, aveva spostato la bandiera per far posto e la stringeva in mano davanti a sé. L'uomo si sedette, accavallò le gambe e guardò subito verso il finestrino come per verificare le condizioni meteorologiche del cielo. Quel giorno il sole a periodi scompariva dietro lunghi nuvoloni grigi, ma la pioggia si tratteneva dal cadere. Il tempo quel giorno era bilico. Il treno ripartì. L'uomo doveva essere probabilmente un pendolare, dato che lo sguardo si era posato in direzione del finestrino senza essere minimamente incuriosito da alcun particolare.
Si era seduto di fronte. Talvolta gli sguardi distrattamente s'incrociavano. A loro insaputa, ad un certo momento, spuntò nei due silenziosi viaggiatori un individuale flusso di pensieri subcosciente senza una meta definita. Ci sono persone, sconosciute, che ci provocano uno strano senso di suggestione, forse questa è la sensazione di un' affinità profonda che alcuni dei nostri sensi ci fanno intuire, ma che la coscienza non sempre accetta.
Lo sguardo del signore passò sulla figura del ragazzo e per un attimo si fermò sul volto. Da qui velocemente scorse verso il basso a scrutare l'intera figura. Poi ritornò a guardare fuori. La comunicazione era iniziata. Entrambi nel loro silenzio avevano un sentore di pensieri rivolti all'altro. Lo sguardo dell'uomo, dopo qualche attimo ritornò sulla bandiera ( ci deve essere qualcosa più forte di noi che talvolta non controlliamo e che ci dà uno strano senso di libertà) ed esclamò con le sopracciglia leggermente inarcate - Beh… di sicuro non sei solo tifoso della Ferrari!- Il ragazzo come se avesse aspettato questa domanda, o comunque qualcosa, rispose con tono tranquillo ma deciso - No, no! Di sicuro o di meglio a che pensare! Non mi sembra molto intelligente portare in giro una bandiera del non senso! - La seconda metà della risposta aveva un significato diverso; diverso perché non era strettamente inerente alla domanda, non era necessaria. Ma quella seconda metà era più importante della prima: era il senso della giovinezza. La forza nascosta in quella frase la si può ritrovare negli occhi accesi dei giovani, o almeno in alcuni di essi. Perché aggiungere qualcosa di così forte e che non era stato chiesto? Perché.
La risposta dell'uomo fu come la goccia che portò il vaso al trabocco. - Beh, non c'è comunque nulla di male a tifare per uno sport. Io, personalmente, faccio il tifo per la Ferrari. Sono cose importanti anche queste. Ti serviranno.
"Sono cose importanti anche queste; ti serviranno". Ecco il flusso di pensieri iniziava pian piano a prendere luce, timidamente. Quel "ti serviranno" era già la risposta alla provocazione della prima frase "sono cose importanti anche queste". Il ragazzo puntò lo sguardo verso fuori, inarcò le sopracciglia e con un soffocato tono di arroganza rispose - Bah, questo lo dice lei. E' una sua opinione. Per me importanti sono tutte altre cose. - E spezzò il tono della frase come a voler far capire l'enorme distanza di opinione. E in questo c'era una chiara distinzione tra bene e male, tra giusto e ingiusto. L'arroganza è la forza del pensiero cieco, cieco è quel pensiero che non vede oltre e il giovane è convinto, perché lo sente, di percepire qualcosa di assoluto. Questo, forse, è il fardello della gioventù. Ma l'arroganza è la cosa che più crea caos nel pensiero dell'adulto perché questi avverte il ritorno di una "logica" dimenticata, e l'imbarazzo di fronte a tanti perché incompresi crea angoscia. Dire ciò ad un adulto significa mettere in discussione gran parte del suo vissuto e delle sue scelte, e chiunque sia dotato di una certa sensibilità sa quanto è pericoloso.
L'uomo, dunque non poteva trattenersi da ciò che lentamente stava emergendo dal di dentro e disse come se il discorso fosse già iniziato da tempo - Già, beata gioventù! Tu che ne sai. Tu non sai quanto è grande la vita: quanto è largo l'orizzonte in cui le persone si muoveranno andando avanti negli anni. E da qui, da questa mia età, i tuoi ideali e le tue emozioni sono solo nullità. Nullità perché quello che troverai avanti è ancora più tragico, più impossibile. Ma poi, in fondo, molti come te, alla tua età, hanno solo una moda cerebrale pompata da un fiume di testosterone. Alla tua età si è idealisti, alla mia si è idealizzatori. Bisogna idealizzare anche le cose più banali della vita per illudersi di essere felici. -
- Ma questa è stata una tua scelta di vita! - ribatté il ragazzo con tono adirato.
- Ah! Una mia scelta di vita? Perché sei tu a scegliere la vita?! O la vita sceglie te! Figlio mio altri problemi entreranno dentro di te con gli anni e di questi ideali non ti rimarrà che un simpatico ricordo legato ad una fase incompiuta della tua vita. Forse quella più bella. -
- Ma come può essere bella questa fase se è falsa, non è reale? Secondo lei -. Aggiunse con tono ironico il ragazzo.
- E' vera solo perché tu la vivi intensamente, ma la tu ingenua esperienza ( ammesso sempre che tu la viva così ) è un nulla nel caos del mondo dove tutti hanno una storia piena di verità e problemi altrettanto importanti quanto i tuoi. - Poi si fermò a riflettere per qualche attimo e aggiunse con un tono più pacato e distaccato - Senti me, l'uomo è un essere fallito. Illusione, rimpianto, angoscia, ricordo: questi sono i sentimenti che albergheranno sempre, in modo diverso secondo l'età, nel tuo animo. Prendi le cose per quelle che sono: passeggere e vanno vissute. E basta con questa tua arroganza. Ascolta chi ha vissuto qualche anno più di te. Le vite alla tua età sembrano diverse, alla mia sono tutte uguali. - Così terminò il suo pensiero. L'espressione del viso era più rilassata, ma non al punto di trasmettere una convinzione piena. C'era qualcosa di profondo e nascosto che non appagava il suo pensiero; questo è uno degli enigmi della "maturità", dell'essere adulti. Dallo sguardo ben aperto e intento del giovane si capiva che questo qualcosa di oscuro c'era, ed era qualcosa che andava al di là della vita stessa dell'uomo, anzi la vita dell'uomo in quell'attimo gli sembrò un semplice sipario dove forze più grandi della sua volontà avessero mosso le fila. Il giovane ebbe un'immagine spontanea nella sua mente: s'immaginò un'alba in cui fiorivano timide sfumature che sarebbero diventate poi colori vivi ma un lenzuolo di sangue prendeva colore tra quelle sfumature. Perché il sangue misto tra timidi e ingenui colori? - si chiedeva.
L'uomo rivolse lo sguardo fuori dal finestrino, acuì lo sguardo sul paesaggio che scorreva, si accigliò con una certa intensità come a voler fermare un fotogramma del fluire delle immagini del paesaggio… - Ci dev'essere un momento della nostra vita… non so bene quando, in cui si diventa improvvisamente nessuno. -

Il treno era entrato nella stazione. Le colonne pitturate di verde all'improvviso si profilarono alla sinistra del finestrino. Il numero delle persone sul marciapiede aumentava man mano che il treno rallentava. Spuntò l'edicola, il bar, la sala comando. Il treno era fermo. Le porte aperte. Il ragazzo avrebbe voluto dirgli ancore tante cose. Ma dirgliele con rabbia. Assalirlo. Poi un attimo dopo pensò che il suo odio non era, infondo, per la persona fisica, ma per quelle parole. - Mi scusi se sono stato troppo arrogante. Maleducato. La saluto. - E stava per accomiatarsi. -Non ti preoccupare. Mi sono lasciato infervorare anch'io dal discorso; a volte capita che vengano fuori cose… cose che magari non si pensavano più. Comunque in bocca al lupo.- Rispose l'uomo mantenendo le gambe accavallate e lo sguardo più tranquillo. Il ragazzo afferrò la bandiera rossa, fece un cenno di saluto e uscì gettando lo sguardo verso la folla di persone accalcate sulla banchina del primo binario.
Entrò nuova gente. Lo scompartimento si riempì di altre persone, una signora con il bambino, una coppia di anziani, e un uomo alto e ben vestito. Il fischio del capostazione risuonò nell'aria fosca della stazione. Lentamente il treno iniziava a muoversi. Ai lati il paesaggio incominciava ad andare all'indietro. Dopo due minuti circa, o meno, una brusca fermata sorprese tutti i passeggeri che aggrapparono ai poggiamano dei sedili. Qualche attimo d'attesa per poi ripartire. Ma il treno era ancora fermo. Passarono altri interminabili minuti e non si muoveva nulla. Allora nei corridoi la gente incuriosita si sporgeva dai finestrini per capire cosa fosse successo. Iniziarono a circolare voci di bocca in bocca. Ma erano come il fumo, non convincevano nessuno. E tanto meno qualcuno degli addetti ai lavori passava da quelle parti a spiegare l'accaduto.
Allora il quarantenne preso da un sentimento di ira dovuto all'attesa si alzò e si diresse verso i primi vagoni. Già gli balenavano in mente tutte le scuse possibili dei ferrovieri. Il treno non era nemmeno uscito dalla stazione che già si era fermato. Arrivò al secondo vagone, da qui si sarebbe veduto di sicuro tutto. C'era fuori un gruppo di ferrovieri vicino la locomotiva che attorniavano inchinati qualcosa. Un altro correva con la paletta e la radio trasmittente verso la stazione. Fu a questi che l'uomo gridò "Scusi… scusi. Ma perché ci siamo fermati… e quando ripartiremo…"
"Non si sa, deve arrivare prima il questore per la perizia. Ci vorranno un paio d'ore almeno!" rispose il ferroviere correndo.
Allora l'uomo sporse di più dal finestrino, quasi a gettarsi per vedere meglio. Vide dei lembi stracciati di una bandiera rossa che fuoriusciva dai binari.

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